Da L’Osservatore Romano, 3-4 gennaio 2020.
(Roberto Manuel Carlés) Nel suo messaggio per la celebrazione della LIII Giornata mondiale della pace, il Santo Padre ci invita a intraprendere un cammino di dialogo, riconciliazione e conversione ecologica sulla base della speranza nella possibilità della pace. Questo cammino richiede pazienza e fiducia, si tratta di «credere che l’altro ha il nostro stesso bisogno di pace» (Francesco,
Messaggio per la celebrazione della LIII Giornata mondiale della pace, 1° gennaio 2020).
Perciò Francesco c’invita a superare i nostri timori umani e i limiti dei nostri orizzonti ristretti, a deporre ogni violenza nei pensieri, nelle parole e nelle opere, sia verso il prossimo sia verso il creato, e ad aspirare a vivere la fraternità universale.
La pace non è la mera assenza di conflitto ma il frutto della giustizia, ed è possibile solo «a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana di oggi e di domani» (Francesco, Discorso sulle armi nucleari, Nagasaki, 24 novembre 2019).
Di fatto la pace si deve edificare continuamente, nella ricerca del bene comune e nel rispetto degli impegni che abbiamo assunto affinché la nostra vita in comunità sia possibile. Si tratta, come ha indicato il Santo Padre, di un impegno costante con il tempo. «È un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comune, più forte della vendetta».
Il diritto può aiutarci a percorrere questo cammino. La legge e il contratto s’istituiscono perché ammettiamo la nostra capacità di causare danno, il loro oggetto è renderci immuni di fronte a questo rischio. All’origine di tutto ciò c’è la paura. Ma mentre la paura consiste nel timore di perdere un bene, la speranza nasce dall’immaginare un male insieme al modo per evitarlo.
«La cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità , dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri» (Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune, n. 70): è questo il cammino per contrastare i mali del nostro tempo, in particolare la disuguaglianza e il danno ambientale. In tale cammino, che è il cammino della pace, sono riposte le chiavi della nostra speranza.
Nel suo messaggio il Santo Padre ha ricordato san Paolo VI, il quale sottolineava che «la duplice aspirazione all’uguaglianza e alla partecipazione è diretta a promuovere un tipo di società democratica» (Lettera Apostolica Octagesima adveniens, 14 maggio 1971, n. 24), nella quale, oltre ai nostri diritti, ci vengono ricordati i nostri doveri nei confronti degli altri. Di fatto, non c’è modo di superare l’enorme disuguaglianza di cui soffrono le nostre società e il danno ambientale che minaccia la nostra sopravvivenza senza un’etica della cura e della solidarietà che guidi le condotte di tutti verso la giustizia sociale e la costruzione di un sistema economico più giusto. Come ha sottolineato il Santo Padre, «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (Laudato si’, n. 49).
Questo cammino implica un impegno che dobbiamo assumere con i nostri simili, con la nostra casa comune e con le generazioni future, ed esige un patto intergenerazionale di preservazione delle risorse naturali, delle numerose forme di vita e della Terra stessa.
Il Santo Padre ci invita a vivere una conversione ecologica che comporta un nuovo sguardo sulla vita, «una trasformazione delle relazioni che intratteniamo con le nostre sorelle e i nostri fratelli, con gli altri esseri viventi, con il creato nella sua ricchissima varietà …».
In tal senso, di recente Francesco ha prospettato la possibilità di introdurre nel Catechismo della Chiesa Cattolica il peccato ecologico contro la casa comune (cfr. Discorso ai partecipanti al Congresso mondiale dell’Associazione Internazionale di diritto penale, 15 novembre 2019).
In quell’occasione ha inoltre affermato che un senso elementare della giustizia imporrebbe che alcune condotte non rimangano impunite, in particolare quelle che possono essere considerate come ecocidio: la contaminazione massiva dell’aria, delle risorse della terra e dell’acqua, la distruzione su larga scala di flora e fauna, e qualunque azione capace di produrre un disastro ecologico o distruggere un ecosistema. L’ecocidio, ha affermato il Santo Padre, deve essere riconosciuto come un crimine contro la pace.
Il diritto non può rimanere estraneo a condotte in cui si attenta gravemente contro la casa comune e, così facendo, minacciano la pace. È ora che la comunità internazionale si assuma questo impegno.
Roberto Manuel Carlés – Dottore in Diritto, Segretario dell’Associazione Latinoamericana di Diritto penale e Criminologia